Abstract
Il lavoro è dedicato all'indagine della relazione tra discrezionalità amministrativa e ruolo dei principi di legge, nella prospettiva del contratto di cui sia parte un ente pubblico.
Come noto, il nuovo Codice dei Contratti italiano si apre con una serie di principi, posti tra loro in ordine gerarchico.
Sia secondo la letteratura giuridica che secondo le prime decisioni delle corti amministrative, è possibile individuare soluzioni tra loro anche molto distanti del problema. La più diffusa è quella per la quale l'introduzione dei principi ed il (solo parziale) superamento della normazione di estremi dettaglio avrebbero come conseguenza la creazione di margini significativi di discrezionalità amministrativa; discrezionalità amministrativa che sarebbe necessaria in relazione all'attività amministrativa attraverso il contratto, per far sì che questa raggiunga il suo risultato. A mio modo di vedere quest'orientamento ha il torto di ritenere che i principi siano fonte di potere discrezionale e non un suo limite. Un secondo orientamento, più ristretto ma molto autorevole, ha sostenuto che i principi del Codice dei Contratti italiano non abbiano, in realtà, nessun rilievo, perché non sarebbero altro che riassuntivi di altri principi e norme comunque applicabili. Il torto di questo orientamento è quello di trascurare il fatto che l'ordinazione gerarchica dei principi determina un criterio per assumere le decisioni discrezionali e per il loro sindacato da parte del giudice e questo certamente manca ai principi in via generale – sicché la loro composizione e ordinazione è un serio problema interpretativo che, invece, nel caso dei contratti pubblici, è risolto dalla legge.
Lo scopo immediato del saggio è, invece, quello di dimostrare che l'ordinazione gerarchica dei principi fissati dal Codice dei Contratti italiano assolve alla funzione di dettare il criterio sia per l'interpretazione delle norme applicabili al caso concreto, sia per la loro applicazione con esercizio di discrezionalità amministrativa; conseguentemente, per un lato (quello dell'esercizio del potere esecutivo) ne deriva una profonda limitazione degli spazi di discrezionalità e, per altro lato (quello del sindacato giurisdizionale), un criterio per sindacare in modo molto profondo la discrezionalità amministrativa.
Lo scopo mediato del saggio è quello di saggiare la bontà della teoria giuridica dell'interesse pubblico che si era proposta in questa stessa rivista - cfr, vol. XIII (2/2023).
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