Abstract
L’emergenza pandemica ha riacceso i riflettori sul Servizio Sanitario Nazionale ponendo in luce non tanto (o quanto meno non soltanto) l’ovvia constatazione di rappresentare un’importante voce di spesa del bilancio dello Stato, bensì il suo essere un’infrastruttura sociale essenziale o, se vogliamo, una precondizione, nello stesso tempo, per il funzionamento del sistema economico, per la coesione sociale e, in definitiva, per il corretto svolgersi dei processi democratici. Il presente lavoro intende sollevare qualche critica in ordine all’efficacia delle selezioni di cui all’art. 15 della l. 118/2022 rispetto alle finalità proconcorrenziali poste a fondamento di tale riforma del settore. Nel fare questo – optando per una visione normativa della concorrenza, in quanto ritenuta più in linea con il collocamento costituzione del diritto alla salute quale espressione della sovranità della persona e, nello stesso tempo, banco di prova del principio di eguaglianza e strumento di promozione della coesione sociale – si proverà a fare il punto sul ruolo degli erogatori privati e sulla loro partecipazione al SSN e ci si soffermerà, in particolare, sulla difficile convivenza tra le esigenze di programmazione del fabbisogno di prestazioni sanitarie alla luce dei vincoli di bilancio e il riconoscimento del diritto di scelta degli utenti e, quindi, sull’esercizio della discrezionalità amministrativa in sede di accreditamento degli erogatori privati e di assegnazione del relativo tetto di spesa.
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