Il divieto di discriminazione per età nei concorsi pubblici in Italia. Riflessioni a margine della sentenza della Corte di Giustizia Ue, Sez. III, n. 914 del 3 giugno 2021 in merito al requisito anagrafico previsto per l’ammissione al concorso notarile

Abstract

Il contributo analizza la recente pronuncia n. 914 del 3 giugno 2021, resa dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella causa C-914/19, Ministero della Giustizia contro G.N., a seguito della questione pregiudiziale sollevata dal Consiglio di Stato, Sez. IV, con ordinanza n. 8154 del 19 settembre 2019, in relazione al limite d’età previsto in Italia per l’ammissione al concorso notarile. Il lavoro si sviluppa attraverso l’analisi del principio di non discriminazione nell’ordinamento giuridico dell'Unione europea e internazionale e, poi, della disciplina UE in materia di discriminazione per motivi d’età. In particolare, si analizzano le principali disposizioni previste dalla direttiva 2000/78/CE nonché l’evoluzione della giurisprudenza in materia, specialmente in relazione alle legittime ipotesi di trattamento discriminatorio fondato sull’età, come disciplinate dagli artt. 2.2, 2.5, 4.1 e 6.1 della direttiva 2000/78/CE. Dopo aver fornito un inquadramento generale della disciplina e della prassi in materia di age discrimination, l’autore analizza, alla luce delle motivazioni della sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea n. 914/2021, il limite anagrafico previsto dalla normativa italiana in materia di accesso alla professione notarile e la sua compatibilità con il diritto dell’Unione europee, illustrando le principali questioni giuridiche insite nel ragionamento della Corte. Nell’analizzare la sentenza n. 914/2021, il contributo sottolinea l’apporto della Corte rispetto alla conferma dell’ampio margine di discrezionalità, riservato agli Stati, nella definizione delle cause legittimanti misure discriminatorie fondate sull’età. Nella parte conclusiva del lavoro, si svolgono alcune riflessioni in merito all’adeguatezza del quadro normativo europeo e delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza della CGUE, rispetto al tema dei parametri di valutazione che dovrebbero consentire ai giudici interni di verificare la ragionevolezza delle misure di differenziazione di trattamento per età. In particolare, anche alla luce di due recenti questioni pregiudiziali sollevate dal Consiglio di Stato innanzi alla Corte di Giustizia dell'Unione europea, l’autore si interroga rispetto agli scenari futuri, in cui potrebbe verificarsi un aumento delle controversie in materia e quindi dei casi di rinvii pregiudiziali alla CGUE, oppure un’eliminazione tout court dei limiti anagrafici nella maggior parte dei concorsi pubblici. Entrambe le opzioni si risolverebbero, tuttavia, in un paradosso, giacché, a fronte dell’ampia discrezionalità riconosciuta agli Stati membri in materia, i Paesi finirebbero per non assumere decisioni: in un caso, perché “la parola decisiva” spetterebbe in sostanza alla CGUE; nell’altro, perché si eviterebbero, di fatto, decisioni “di merito” nella definizione delle politiche interne sociali e di occupazione – segnatamente rispetto alla selezione e all’assunzione di dipendenti pubblici e assimilati.

https://doi.org/10.14276/2610-9050.3314
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