Interessi legittimi “fondamentali” o “semplici” interessi legittimi?

Abstract

L’Autore si pone l’obiettivo di capire se la locuzione interessi legittimi “fondamentali”, che comincia ad essere utilizzata dalla dottrina (ma non dalla giurisprudenza), possa esprimere – allo stato normativo attuale – un concetto giuridico diverso da quello di “semplice” interesse legittimo. L’Autore muove dalla individuazione di quali situazioni giuridiche soggettive potrebbero incarnare gli interessi legittimi “fondamentali”, e si sofferma sulle inevitabili criticità concernenti il riparto di giurisdizione in ordine alle relative controversie. In particolare, si osserva che, seppure il filone inaugurato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004 potrebbe aprire le porte al riconoscimento del concetto giuridico degli interessi legittimi “fondamentali”, tanto più se letto alla luce della recente giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di misure amministrative restrittive adottate durante la pandemia, vi sono ancora due ostacoli al suo accoglimento. In primo luogo, la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione, la quale, attraverso la rivitalizzazione di risalenti – quanto discutibili – teorie (quella dei diritti così detti diritti “indegradabili” e quella secondo cui agli atti amministrativi vincolati corrisponderebbero sempre e soltanto diritti soggettivi), ricomprende le situazioni giuridiche soggettive in esame nell’alveo, per l’appunto, dei diritti soggettivi. In secondo luogo, talune scelte del legislatore, il quale affida direttamente alla giurisdizione ordinaria controversie di diritto pubblico nell’ambito delle quali ben potrebbero venire in considerazione interessi legittimi “fondamentali”. L’Autore critica queste impostazioni, ma, al contempo, rileva che la locuzione interessi legittimi “fondamentali” potrebbe forse risultare superflua. In conclusione, l’Autore argomenta per una valorizzazione della reale portata defensionale del “semplice” interesse legittimo.

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