La ragionevole durata del processo amministrativo: possibili declinazioni
.pdf

Come citare

Di Martino, A. (2025). La ragionevole durata del processo amministrativo: possibili declinazioni. P.A. Persona E Amministrazione, 16(1), 481–528. Recuperato da https://journals.uniurb.it/index.php/pea/article/view/5465

Abstract

Il presente contributo esamina criticamente il principio della ragionevole durata del processo amministrativo, a partire dalla sua affermazione nell’art. 6 CEDU fino alla sua costituzionalizzazione nell’art. 111, comma 2 della Costituzione. Dopo aver svolto una sintetica ricostruzione in ordine alla natura soggettiva (ragionevole durata come diritto soggettivo dell’individuo) e oggettiva (ragionevole durata del processo come canone di efficienza e buona amministrazione della giustizia), viene dedicato un focus specifico ai riti speciali (in particolare in materia di appalti e opere PNRR). In tali circostanze, la ragionevole durata del processo viene realizzata attraverso la compressione dei tempi processuali, giustificata da esigenze di stabilità economica e amministrativa, che, tuttavia, non sempre consente ai cittadini di esercitare adeguatamente il diritto di difesa. La parte principale del lavoro, però, si sviluppa lungo due direttrici principali. Da un lato, si analizzano gli strumenti a disposizione del giudice amministrativo (tra gli altri, sono stati approfonditi la sentenza in forma semplificata e principio della “ragione più liquida”), evidenziando il rischio, che rientra all’interno delle dinamiche dell’abuso della discrezionalità giudiziaria, che strumenti nati per favorire la celerità finiscano per compromettere la qualità della decisione e l’effettività della tutela. Dall’altro lato, si esplora il ruolo delle parti, con particolare attenzione alla dimensione deontologica dell’agire processuale. In un contesto di crescente ambizione alla deflazione del contenzioso, il contributo analizza il ricorso a condotte formalmente legittime ma sostanzialmente abusive – come l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata in appello dalla stessa parte che ha adito il primo grado – evidenziando come simili strategie si pongano in contrasto con il principio di autoresponsabilità e con la leale collaborazione al buon funzionamento dell’amministrazione della giustizia. Viene, inoltre, analizzato il principio di sinteticità e chiarezza degli atti, quale parametro volto a rafforzare la funzionalità del processo e a prevenire condotte esclusivamente dilatorie. La conclusione evidenzia come la ragionevole durata del processo non possa essere elevata a metrica assoluta dell’efficienza giudiziaria, né piegata a finalità meramente acceleratorie. Essa deve piuttosto essere interpretata come una clausola di equilibrio sistemico: uno standard procedurale che, lungi dal prevalere in modo meccanico sul diritto di difesa, assume senso solo se integrato in una logica di proporzionalità, effettività e pienezza del giusto processo. In tale prospettiva, ogni compressione temporale deve trovare giustificazione nella qualità del giudizio, e non nella sua sola velocità.

.pdf
Creative Commons License

TQuesto lavoro è fornito con la licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale.