Abstract
Lo studio prende le mosse da precedenti lavori, incentrati sulla tesi che il quadro costituzionale vigente reclami una più specifica disciplina giuridica della politica (latamente intesa), in funzione degli effetti che le vicende di quest’ultima producono inevitabilmente sull’amministrazione pubblica, dando vita a contesti e dinamiche non favorevoli ad una funzionalità adeguata al quadro dei principi fondamentali stabiliti dalla Carta e della missione che questa le assegna. Allo stato non è agevole definire in modo univoco e pacifico, in funzione dell’esercizio dei poteri e dell’investimento delle risorse assegnati alle p.a., il concreto atteggiarsi degli interessi pubblici e delle loro interrelazioni, cui il diritto amministrativo guarda in particolare attraverso congegni organizzativi e procedurali. Sennonché detti congegni, quantunque alquanto affinati, danno vita ad una cornice a trama larga, nella quale la politica trova ampi spazi di sfogo, al di fuori di un corpo disciplinare idoneo ad orientarla; corpo che si rivela quindi auspicabile per dare vita nella realtà ad assetti più conformi al disegno costituzionale (impregiudicata ogni valutazione circa eventuali modifiche od aggiornamenti di questo). Il richiamato filone di ricerca sembra avere trovato linfa anche in recenti studi, in particolare dei costituzionalisti, originati dalla proposta di modifica della forma di governo (verso il cd. premierato), cui alcuni autori hanno reagito segnalando come preferibile proprio una riforma dei partiti e della politica, piuttosto che dell’ingegneria dei poteri costituzionali.
Il presente lavoro prosegue dunque nel percorso di ricerca già avviato e così delineato ed in particolare si pone l’obiettivo di convalidarlo alla luce delle risultanze di un caso concreto emerso nella più recente cronaca giudiziaria ed istituzionale, da cui si evince una notevole distanza di fatto fra gli schemi mentali ed i moventi dei titolari di organi pubblici di investitura politica, da un lato, ed i canoni giuridici che presiedono all’esercizio dei poteri pubblici ed al sindacato giurisdizionale relativo, dall’altro lato.
Si conferma quindi la fecondità di uno sforzo, ancora largamente da compiere, riguardo all’individuazione degli aspetti e dei profili della politica meritevoli di una più precisa disciplina giuridica (partiti politici, finanziamento della politica, selezione dei candidati per le elezioni, comunicazione politica, ecc.) ed ai possibili capisaldi di questa, in vista di una maggiore aderenza complessiva dell’attività dei pubblici poteri alla Costituzione, che ne rappresenta il fondamento. Non si tratta istituzionalizzare ciò che nel disegno costituzionale è stato lasciato all’ambito delle libertà, sebbene notevolmente “orientate”, quanto di assicurare un maggiore raccordo fra l’esercizio di esse e le conseguenti ricadute sul piano istituzionale ed amministrativo.

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