Abstract
Il saggio si articola in due sezioni, corrispondenti a distinti, ma interconnessi, obiettivi di analisi.
Nella prima sezione, si esamina l’evoluzione degli istituti disciplinati dal Titolo VII del Codice del Terzo Settore (co-programmazione, co-progettazione e convenzioni), e il loro rapporto con le logiche di mercato che informano il diritto dei contratti pubblici. Tale analisi si distanzia sia dagli approcci pan-concorrenziali – esemplarmente rappresentati dal parere n. 2052/2018 del Consiglio di Stato – sia dalle prospettive che, nel valorizzare il favor per il non profit, concepiscono un’alternatività assoluta e non graduata tra diritto del Terzo settore e diritto dei contratti pubblici. In questa prospettiva “mediana”, l’analisi degli istituti previsti dagli artt. 55 e ss. del Codice del Terzo settore è condotta attraverso un confronto con il diritto dell’Unione Europea e le sue categorie. In particolare, si esplora la relazione tra questi istituti e i modelli dell’in house providing e della cooperazione pubblico-pubblico (par. 1 e 1.1), evidenziandone il comune riferimento al principio di auto-organizzazione della pubblica amministrazione, inteso quale sviluppo del principio costituzionale di buon andamento e del principio del risultato.
Nei paragrafi successivi (2 e 2.1), si analizzano gli effetti dell’equilibrio, realizzato a livello europeo tra i valori della concorrenza e della solidarietà, e i riflessi di tale bilanciamento nell’ordinamento nazionale. Il paragrafo 3 è invece dedicato alla c.d. co-progettazione realizzativa, istituto di amministrazione condivisa in cui si manifesta con maggiore intensità la tensione tra il diritto europeo dei contratti pubblici e il diritto del Terzo settore. L’analisi si propone di valorizzare la natura collaborativa e non sinallagmatica dell’istituto, ponendo in evidenza le oggettive differenze rispetto alle tradizionali modalità di esternalizzazione. A tale proposito, si critica l’orientamento della giurisprudenza amministrativa che individua nella gratuità o non onerosità del rapporto un elemento distintivo: il paragrafo 4 è appunto dedicato alla dimostrazione dei limiti di tale impostazione e all’individuazione nella “genuinità” del rimborso spese dell’elemento costitutivo dei rapporti riservati tra p.a. e Terzo settore.
La seconda sezione del saggio elabora una ricostruzione teorica di questo nuovo modo di amministrare (l’amministrazione condivisa), con l’intento di approfondirne la funzione e le implicazioni sistematiche sul piano dell’azione amministrativa. Muovendo dall’inquadramento della co-progettazione realizzativa quale strumento organizzativo per l’erogazione di funzioni e servizi pubblici (par. 5), si analizzano le conseguenze di tale ricostruzione sul regime giuridico delle attività degli enti del Terzo settore. Nei successivi paragrafi (6 e 6.1), gli istituti oggetto di studio sono esaminati in relazione a determinate teorie sul rapporto tra Stato e società civile, cercando di rispondere ai seguenti quesiti: quali corollari della sussidiarietà orizzontale emergono nella co-programmazione e co-progettazione? Quali sono i punti di contatto con la tesi dell’amministrazione obiettivata?
Nel paragrafo conclusivo (7), si fornisce una sintesi del percorso svolto e si sviluppano alcune notazioni critiche nei confronti dell’impostazione, sostenuta anche dalla sentenza n. 131/2020 della Corte costituzionale, che considera l’amministrazione condivisa e i contratti pubblici come due universi distinti. Tale approccio, sebbene diffuso, non appare soddisfacente né dal punto di vista operativo né teorico: esso sembra suffragare il ritorno una visione dicotomica dei rapporti tra concorrenza e solidarietà, nonché trascurare la comune finalità della co-progettazione e delle soluzioni tradizionali di esternalizzazione, ossia quella di dare attuazione ai diritti sociali sanciti dalla Costituzione.

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