Abstract
La gestione della pandemia da Covid-19 ha inasprito i complessi rapporti fra diritto e scienza, fra tecnica e amministrazione. L’esigenza di gestire in tempi rapidi la pandemia da Coronavirus, pur in assenza di conoscenze scientifiche adeguate, ha mostrato acremente le difficoltà che in concreto si pongono quando lo Stato sia chiamato a prendere decisioni d’interesse pubblico rilevante, che impattano pesantemente sui diritti fondamentali e sulle libertà dei cittadini anche se, paradossalmente, le medesime sono adottate a garanzia e a tutela dei medesimi. La pandemia da Covid-19, quale esempio di coesistenza e stretta interrelazione fra diritto emergenziale, gestione precauzionale del rischio e urgenza decisoria, non solo ha evidenziato l’esistenza di un processo circolare fra essi, scaturendo l’emergenza dall’inveramento di eventi di danno inattesi, conseguenti al verificarsi di rischi derivanti da fenomeni naturali ignoti, rispetto ai quali l’uomo è pressoché inerme, bensì ha rivelato l’inadeguatezza degli strumenti di ordinaria gestione delle emergenze. Proprio l’inadeguatezza delle conoscenze scientifiche ha, infatti, influenzato pesantemente il modus operandi dei Governi dei singoli Stati che, come noto, non hanno assunto sin da subito una politica di governo dell’emergenza uniforme e unitaria, nonostante la globalità e omogeneità del fenomeno, avendo piuttosto ideato strategie di contenimento del rischio epidemiologico, ripiegate sulle ipotesi (se non su vere e proprie congetture) formulate “ora per allora” da gruppi di esperti di fiducia, appositamente nominati. La pandemia, pertanto, sembra aver inverato una spirale negativa per cui l’acclarata crisi dello “statuto della scienza” ha portato con sé una crisi ordinamentale: crisi del sapere, crisi delle Istituzioni, crisi delle tutele e delle libertà fondamentali sono, pertanto, fenomeni fra loro interdipendenti. Bisognerebbe dunque domandarsi cosa resti della decisione politica, intesa nel significato più profondo del termine polis, della discrezionalità amministrativa, allorché la “violenza” della decisone pubblica è esacerbata – o forse adombrata – dalla prepotenza di valutazioni scientifiche presupposte.
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