“Questi fantasmi”. Brevi considerazioni intorno allo strumento del référé législatif

Abstract

Questo contributo si propone di indagare il dibattito sorto intorno alle disfunzioni della giustizia, in un climax di crescente tensione verso un’ideale certezza del diritto, quale epitome dell’opposta diffidenza nei confronti dell’attività di interpretatio; ciò, al fine di sviluppare qualche attuale considerazione in ordine al divenire del “limite” tra potere legiferativo e attività ermeneutica. La fisiologica eccedenza dei rapporti sociali rispetto all’enunciato normativo, infatti, è questione mai sopita nel dibattitto giuridico; soprattutto, ove la frammentazione delle strutture logico-normative generi lacune e contraddizioni. Ac deinde semper, la severa diagnosi dello stato dell’ordinamento passava dalla critica all’attività dei “legulei”, invocando un rimedio –in apparenza– semplice: ricondurre i dubia al legislatore, titolare delle volizioni e delle ragioni, attraverso l’istituto del référé législatif. L’interpretazione autentica divenne, così, corifea di una serie di principi e ideali che trovarono massima espressione durante il periodo rivoluzionario; eppure, l’istituto del référé (già conosciuto nell’Ancien Régime) si rivelò di modesta utilità, tanto da essere quasi abbandonato nel periodo napoleonico e formalmente abrogato, senza rimpianti, nel 1837. Il Codice Estense del 1771 si pone tra i più riusciti tentativi di legiferazione sistematica, tra quelli che hanno preceduto il Code Napoléon, e affrontato il problema della certezza del diritto; soprattutto, ed in ciò una probabile differenza spartiacque con molti coevi tentativi, in virtù di un ideale illuminista temperato da una pragmatica, forse tacita, accettazione (e funzionalizzazione) del “limite”. Le moderne codificazioni e l’evoluzione delle regole ermeneutiche hanno parzialmente sopito questo confronto dialettico sul limite tra attività normativa e interpretazione, nella comune tensione verso la completezza; ma, un accresciuto scetticismo nei confronti della sistematicità del diritto –che vede cedere la propria robusta concezione piramidale– sembra condurre il legislatore a, nuovamente, indulgere in atteggiamenti di aperta ostilità nei confronti dell’attività dell’interprete, celando, nel richiamarsi all’autenticità, il progressivo decadere della sua argomentazione dichiarativa.

https://doi.org/10.14276/2384-8901/3683
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