Abstract
Sono onorato di tornare a prendere la parola in questa aula magna della Facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo urbinate, dove giunsi vincitore di concorso nel lontano 1987, accolto dal preside e da una schiera di brillanti colleghi, molti dei quali oggi rivedo assai volentieri.
Ma soprattutto debbo riconoscere che, anche se manco da diversi anni, tra queste mura non mi sento per nulla estraneo.
Ed è con tali sentimenti che ringrazio di cuore chi mi offre l’opportunità di parlare, come pure sono grato a coloro i quali avranno la cortesia di ascoltarmi.
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