La regolazione del rischio di emergenza e la regolazione del «panico del rischio» nella pandemia Covid-19

Abstract

Il contributo si propone di indagare il ruolo del principio di precauzione nell’adozione delle misure di mitigazione e risposta all’emergenza epidemiologica da Covid-19, a livello nazionale e locale, soffermandosi in particolare sulla strategia di gestione della crisi predisposta dalla Regione Campania durante le varie fasi. Il sistema normativo costruito dal Governo per contenere la diffusione del contagio sul territorio nazionale ha riconosciuto un potere d’intervento alle autorità regionali e locali con la finalità di contrastare tempestivamente le eventuali criticità emerse nei rispettivi ambiti, concretizzatosi nell’emanazione di una pluralità di ordinanze contingibili ed urgenti che hanno ulteriormente limitato diritti e libertà fondamentali. Il potere è stato in concreto esercitato sulla base di un rischio di contagio che, però, in assenza di parametri certi, univoci e uniformi, si è tradotto sovente nell’adozione di misure irragionevoli, non adeguate e non proporzionate. La conseguenza è che, in alcuni casi, le misure regionali di contenimento hanno imposto limitazioni più severe in aree del Paese dove il rischio di contagio era inferiore rispetto ad altre. A tal fine, l’itinerario argomentativo muoverà da una concisa disamina del fondamento teorico e delle modalità di applicazione del principio di precauzione, per poi passare all’analisi del quadro normativo imbastito dal Governo per la gestione della crisi, dei presupposti e del potere d’intervento delle autorità regionali e locali, e terminerà con un focus sulla Regione Campania, nella quale la regolazione del rischio di emergenza si è trasformato in governo del «panico del rischio», dando luogo a provvedimenti, ancorchè precari, fortemente lesivi di diritti e di libertà fondamentali.

https://doi.org/10.14276/2610-9050.2322
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