Abstract
Il saggio indaga il ruolo del tempo di lavoro quale presidio di salute e dignità, in un contesto in cui la flessibilità rischia di dissolvere i confini della protezione. La riflessione si concentra sui time-less workers – figure emergenti nel diritto del lavoro contemporaneo, caratterizzate dall’assenza di orari predeterminati e da un’elevata autonomia – per ricercare il significato e le forme delle tutele in scenari segnati dalla digitalizzazione e dalla crescente frammentazione organizzativa. In questa prospettiva, il tempo non è mera variabile gestionale, ma fattore critico di rischio e risorsa sociale, capace di orientare la sostenibilità dei modelli produttivi. L’analisi si sviluppa lungo tre direttrici: i modelli organizzativi di gestione di cui all’art. 30 del d.lgs. n. 81/2008; l’asseverazione come strumento di controllo sociale partecipato; il paradigma del risk-based thinking quale fondamento di una prevenzione proattiva. La partecipazione dei lavoratori – rafforzata dalla recente legge n. 76/2025 – è riletta come funzione di co-progettazione, mentre l’autonomia contrattuale collettiva deve proporsi come sede di regolazione del tempo e della salute dei lavoratori, anche servendosi di prassi virtuose di impresa. La sfida è governare la flessibilità senza sacrificare la dignità, restituendo al tempo di lavoro la sua funzione protettiva e relazionale. Lo studio, infine, delinea una traiettoria evolutiva del diritto della sicurezza del lavoro, orientata all’inclusione delle nuove soggettività e alla costruzione di un sistema di tutele fondato sulla corresponsabilità e sull’effettività.

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