Abstract
Il contributo affronta il tema dell'imparzialità giudiziaria, analizzandone la duplice natura: da un lato, il giudice deve essere imparziale per garantire decisioni giuste; dall’altro, deve apparire imparziale per mantenere la fiducia collettiva nella giustizia. Questa distinzione evidenzia come l’essere e l’apparire rispondano a esigenze diverse ma complementari: la giustizia nel caso concreto e la tutela della democrazia nel suo complesso.
L'autore riflette anche sui limiti umani del giudizio: i magistrati, come ogni individuo, sono influenzati dalle loro esperienze personali e da molteplici condizionamenti. Tuttavia, proprio la consapevolezza dei propri limiti può spingere i giudici a ricercare un equilibrio tra la propria umanità e la necessità di applicare la legge con rigore e indipendenza.
L’autore stigmatizza, infine, le strumentalizzazioni politiche e gli attacchi alla magistratura, che la delegittimano e minano fiducia dei cittadini nella giustizia. In un contesto in cui l’equilibrio democratico rischia di essere compromesso, l’autore ricorda che la magistratura autonoma e indipendente descritta dalla Costituzione, per quanto imperfetta, rappresenta la migliore garanzia possibile di giustizia rispetto a qualsiasi sistema in cui essa è sottoposta al controllo dell’esecutivo o di altri poteri.

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