Abstract
La riforma del bicameralismo rimane, a più di sessant’anni dall’AssembleaCostituente e trenta dalla prima Commissione bicamerale per le riforme costituzionali
(Commissione Bozzi), uno dei temi centrali nel dibattito politicoparlamentare
e di quello dottrinale.
Scorrendo i resoconti dell’Assemblea Costituente si può comprendere meglio
la ragione per cui l’Italia possiede oggi un sistema bicamerale con due camere
fondate sul medesimo principio rappresentativo e assegnatarie dei medesimi
poteri. Ci sono tuttavia alcune differenze tra i due rami del Parlamento: l’elettorato attivo (18 anni per la Camera dei deputati e 25 per il Senato), l’elettorato passivo (25 anni per la Camera e 40 per il Senato), il numero dei membri (630 deputati e 315 senatori), la presenza dei senatori a vita di diritto e di nomina presidenziale.
Queste differenze sono emerse da un lungo dibattito tra le differenti visioni politiche e ideologiche all’interno dell’Assemblea che ha portato ad un difficile compromesso. Il bicameralismo mostra tuttavia oggi la sua debolezza e la
sua vulnerabilità istituzionale. La ragione di questa fragilità potrebbe risiedere proprio nell’assenza di una ragione forte e solida alla base.
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