Abstract
L’istruzione in carcere, tratteggiata come diritto fondamentale del ristretto dalle cornici normative sovranazionali e nazionali, sembra quasi smaterializzarsi nella dimensione applicativa a causa delle mille difficoltà del quotidiano penitenziario.
Pure costituendo manifestazione fondamentale dello “statuto di dignità multilivello” del detenuto, il diritto allo studio stenta a divenire parte viva e generalizzata del trattamento nella direzione rieducativa e umanizzante dell’art. 27 Cost.
L’agevolazione allo studio (art. 19 Ord. penit. – L. n. 354/75) e il richiamo, ove possibile, all’assegnazione (art. 44 Reg. penit. – D. P. Rep. n. 230/2000) di spazio e tempo dedicati allo svolgimento dello studio – sintagmi già lessicalmente frenanti la piena esplicazione del diritto all’istruzione – vengono sottoposti a costante verifica rispetto alla esperienza quadriennale del Polo Universitario palermitano.

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