Abstract
Durante la detenzione Gramsci ha manifestato in più occasioni la volontà di approfondire le questioni linguistiche. Le testimonianze più note sono la lettera a Tania del 19 marzo 1927, il punto 12 dell’elenco degli Argomenti principali dell’8 febbraio 1929, La quistione della lingua in Italia: Manzoni e Ascoli, e il Quaderno 29, l’ultimo dei quaderni monografici avviati presso la clinica di Formia e intitolato Note per una introduzione allo studio della grammatica, le cui riflessioni traggono spunto dalla lettura della Guida alla grammatica italiana di Alfredo Panzini. La riflessione a proposito della polemica tra Ascoli e Manzoni era già stata oggetto dell’attenzione di Gramsci. In una lettera del 17 novembre 1930 Gramsci scrive alla cognata che egli stesso, dieci anni prima, aveva raccolto materiale per un saggio sulla quistione della lingua secondo Manzoni, questione analizzata anche nell’articolo La lingua unica e l’Esperanto («Il Grido del Popolo», 16 febbraio 1918). La riflessione carceraria riprende le intuizioni giovanili, inquadrandole nella ridefinizione teorica del marxismo come filosofia della prassi. La quistione della lingua diventa così il punto di tangenza di una serie di concetti gramsciani: rapporto struttura e superstrutture, egemonia, concezione del mondo, folklore, senso comune, gruppi sociali subalterni, unità di teoria e pratica, traducibilità. Il presente contributo cerca di ripercorrere questa riflessione nei suoi momenti più significativi.

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