Abstract
Il midrash classico legge i passi biblici relativi all’idolatria per rapportarli al proprio tempo. Se per i rabbini l’idolatria come sistema di culto è un problema superato all’interno di Israele, diventa allo stesso tempo una categoria centrale per definire i confini tra Israele e gli altri popoli. Il rifiuto dell’idolatria, una delle sette leggi date a tutta l’umanità, apre una prospettiva universalistica oppure fissa l’unicità di Israele? L’idolatria, spesso associata a violenza e incesto, definisce in ogni caso un’area al di fuori della civiltà. Riflettere attraverso una serie di testi su concetti come aniconismo, iconoclastia, derisione e gelosia da parte di Dio - che paradossalmente sembra conferire un valore all’idolo nel momento in cui lo contesta - introduce la domanda se l’idolatria risieda nella materialità dell’oggetto di culto oppure nel significato che gli viene attribuito. L’introduzione nel discorso rabbinico della categoria di avodà zarà, “culto estraneo”, e la possibilità di annullare o tenere a distanza gli oggetti di idolatria bastano a fare dell’idolatria un problema non teologico ma etico, non divino ma tutto umano?
Parole chiave: midrash, mishnà, idolatria, ebraismo, iconoclastia, avodà zarà, mekhilta
Classical midrash faces the biblical passages about idolatry relating them to its own time. According to the rabbis, idolatry as a system of worship is an outdated problem inside Israel, but it becomes a main category in determining the boundaries between Israel and other peoples. Does the rejection of idolatry, one of the seven laws given to all humanity, unfold a universalistic perspective or fix the uniqueness of Israel? In any case idolatry, frequently linked to violence and incest, defines an area outside civilization. Reflecting through a number of texts on concepts such as aniconism, iconoclasm, mockery, and jealousy by God - which paradoxically seems to value the idol while contesting it - introduces the question of whether idolatry lies in the materiality of the object of worship or in the meaning attributed to it. Are the introduction into rabbinic discourse of the category of avodà zarà, “foreign worship”, and the possibility of annulling or keeping at a distance the objects of idolatry, enough to make idolatry not a theological but an ethical problem, not divine but wholly human?
Keywords: Midrash, Mishnah, idolatry, Judaism, iconoclasm, Avodah Zarah, Mekhilta