Abstract
L’analisi guardiniana del nuovo orizzonte postmoderno del Cristianesimo si muove nell’ambito di una forte critica della religione – un’eredità dell’Ottocento, specialmente di Nietzsche e, di conseguenza, di Heidegger. Negli anni 1912-1915 Guardini e Heidegger erano compagni di studi a Friburgo, alle lezioni del neokantiano Heinrich Rickert. Negli anni ’30 Guardini leggeva Essere e tempo (1927) e interpretava il nichilismo sia come “morte di Dio” (Nietzsche) sia come mancanza di Dio o della trasformazione ontologico-metafisica di Dio in un essere astratto (Heidegger)1. Da tale interpretazione nacquero i seminari sull’antropologia a Berlino, il cui esito fu l’opera magistrale Mondo e persona (1939)2, pubblicata dopo la cacciata di Guardini a opera dei nazisti dall’università Friedrich-Wilhelm (oggi università Humboldt). Il nichilismo viene brevemente abbozzato nel motto: “Chiudersi nel nulla come limite dell’io”, e nell’acuta critica di Guardini: “L’io come Credo dell’epoca moderna”. È questo il “credo” più pericoloso, perché il nulla è veramente una realtà.