Linee evolutive dei modelli strutturali e del sistema delle fonti del diritto del lavoro italiano. Parte I. Dalle origini ai primi anni ottanta
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Angelini, L. (2021). Linee evolutive dei modelli strutturali e del sistema delle fonti del diritto del lavoro italiano. Parte I. Dalle origini ai primi anni ottanta. Studi Urbinati, A - Scienze Giuridiche, Politiche Ed Economiche, 55(4), 491–542. https://doi.org/10.14276/1825-1676.1089

Abstract

Il diritto del lavoro vive da tempo una situazione di difficoltà e di disorientamento. La constatazione, ricorrente, viene con sempre maggiore insistenza posta al centro delle più varie occasioni di dibattito nelle quali la dottrina riflette sulle possibili cause e sugli eventuali rimedi.

La crisi che attraversa l'intera disciplina lavoristica è da molti giudicata di portata così rilevante da intaccare la stessa identità e legittimazione ad esistere della materia: l'emancipazione dalle condizioni più evidenti di miseria, la diffusione di un certo benessere di vita, la diversificazione dei bisogni e la soggettivizzazione delle aspettative hanno infatti contribuito sia ad offuscare l'originaria identità del diritto del lavoro, confondendola con obiettivi e funzioni non altrettanto fondamentali, sia ad esasperare le ragioni di un intervento normativa diventato eccessivamente pervasivo, non sempre evidentemente giustificato, ma certamente costoso. Da qui la necessità di riflettere sulle forme e sui modi attraverso i quali l'drdinamento giuridico è andato consolidandosi, unitamente alla doverosità di interrogarsi sull'ambito di estensione della sua azione e sugli strumenti che devono essere utilizzati per meglio garantire il legittimo perseguimento delle sue finalità.

La ricostruzione delle tappe evolutive del processo di giuridificazione del diritto del lavoro costituisce un approccio indispensabile comprendere il livello di complessità intersettoriale che il sistema protettivo assicurato dall'ordinamento giuslavoristico ha raggiunto. In tal senso, lo studio della "dimensione statica" del diritto del lavoro non può procedere disgiuntamente da un'analisi di tipo dinamico, analisi resa facilitata dal fatto che tutti i modelli strutturali che hanno concorso a segnare l'evoluzione del processo di giuridificazione della materia si sono formati soprattutto grazie a combinazioni flessibili di due essenziali elementi costitutivi quali, da un lato, le fonti autonome ed eteronome utilizzate e, dall'altro, la dimensione individuale e la dimensione collettiva in cui le stesse fonti si trovano ad operare.

Ciò considerato, ripercorrere per tappe il processo di formazione della disciplina lavoristica dovrebbe sicuramente consentire di individuare gli elementi costitutivi dei modelli strutturali che, integrati, correlati, combinati, totalmente o parzialmente sovrapposti, concorrono a fondare la più recente sistematica del diritto del lavoro, permettendo all'interprete di disaggregare i diversi nuclei che lo compongono e di distinguere le costanti da ciò che è invece frutto di esigenze contingenti ed eccezionali. Si tratta di una prospettiva che dopo la compiuta approvazione della c.d. riforma Biagi in materia di mercato del lavoro si rivela ancora più strategica, a fronte di un sistema giuridico destinato in futuro a "smarcarsi" in modo deciso da alcuni dei principali pilastri fondativi che ne hanno per decenni orientato il consolidamento.

In particolare, le riforme dell'attuale legislatura sembrano avere abbandonato il modello della legislazione neo-istituzionale che negli anni ha visto attribuire al contratto collettivo importanti funzioni organizzative e regolative del mercato del lavoro, funzioni di cui il legislatore ha deciso di riappropriarsi. Lo si può evincere con chiarezza analizzando, ad esempio, i contenuti della nuova disciplina in materia di contratto a termine, dove all'individuazione tassativa da parte della legge e della contrattazione collettiva delle ipotesi di legittima assunzione è stata sostituita una clausola generale, la cui attuazione è rimessa pressoché interamente all'autonomia individuale.

Inoltre, valutate le più recenti disposizioni del decreto legislativo n. 276/2003, nonostante la pluralità di rinvii formali alla contrattazione collettiva - rinvii ora però destinati anche a quella territoriale ed aziendale - risulta assolutamente incontestabile il fatto che attraverso il diretto allentamento delle rigidità in materia di contratti di lavoro flessibile si siano voluti sconfessare la logica e lo spirito della legislazione di sostegno, essendo tale esito in precedenza condizionato all'autorizzazione delle organizzazioni sindacali. Una scelta che, tuttavia, non pare possa far venir meno, anzi dovrebbe addirittura accentuare l'esigenza di valorizzare la tradizionale funzione protettiva dd lavoratore come contraente reso ancora più debole di fronte al significativo rafforzamento dei poteri dell'imprenditore. 

https://doi.org/10.14276/1825-1676.1089
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