Abstract
La letteratura che si è occupata delle cronache teatrali di Antonio Gramsci ne ha spesso dato un’interpretazione teleologica rispetto ai Quaderni del carcere, come se questi fossero da leggere come la formulazione organica e compiuta delle idee espresse nelle cronache. Ampio spazio è stato dedicato al confronto dell’autore con i principali protagonisti della scena teatrale torinese degli anni Dieci, con il risultato che l’attenzione è stata rivolta principalmente al punto di vista del critico più che al suo rapporto con il pubblico. Il tema pedagogico, che perteneva strettamente al teatro nel progetto politico gramsciano, è quindi passato generalmente in secondo piano. Questo testo tenta di rintracciare negli scritti giovanili la trama del progetto educativo che Gramsci attribuiva al teatro e alla critica teatrale. Per fare ciò, si indaga la sua concezione del pubblico e della sua formazione, a partire dall’analisi del gusto diffuso al tempo nelle diverse classi sociali e dalla critica di Gramsci al profitto come movente del lavoro teatrale. Si ricostruisce in questo modo il progetto di un’educazione estetica disinteressata, insieme conforme alle potenzialità del teatro e orientata alla formazione del proletariato quale soggetto estetico e politico.

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Copyright (c) 2025 Maria Chiara Pozzoni