Abstract
L’articolo tratta della riflessione pedagogica di Gramsci, partendo dall'analisi di alcuni scritti giovanili in cui emerge la necessità di sviluppare una cultura proletaria militante e “disinteressata”. Il concetto di “disinteresse” viene costantemente utilizzato, attraverso una serie di varianti lessicali, dal 1915 fino ai Quaderni del carcere. In particolare, dopo il celebre riferimento al «für ewig» di Goethe nella lettera a Tatiana del 19 marzo 1927, questo tema riaffiora progressivamente in una serie di appunti dedicati al ruolo egemonico-pedagogico degli intellettuali e della scuola. Più precisamente, una particolare attenzione è conferita in un primo momento all’influsso della pedagogia neoidealista (Giuseppe Lombardo Radice e Salvemini) sugli scritti giovanili dell’intellettuale sardo. L’analisi si concentra poi su nuovi contributi semantici che contribuiscono a inserire il discorso pedagogico all’interno della riflessione carceraria sulla “filosofia della praxis”.

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