Abstract
L’articolo prende le mosse dal concetto di “Stato etico o di cultura”, che Gramsci eredita da Benedetto Croce e impiega nei Quaderni del carcere con un significato non crociano, per stabilire una relazione di unità e distinzione fra la funzione educativa dello Stato (in senso stretto) e la pluralità di «iniziative e attività cosidette private che formano l’apparato dell’egemonia politica e culturale delle classi dominanti». Questo concetto è parte di una più estesa area semantica, che include il governo col consenso dei governati, lo Stato etico sans phrase, lo Stato «in un senso organico e più largo» o Stato integrale. L’autore mostra come Gramsci gradualmente si sia emancipato dall’immagine della società civile come “livello intermedio” deputato all’esercizio dell’egemonia, scoprendo dinamiche (e apparati) egemonici anche nello Stato (in senso stretto) come nella “struttura”: di conseguenza, lo Stato etico o di cultura può essere considerato uno stadio di transizione nel cammino che ha condotto Gramsci a riconoscere l’ubiquità dell’egemonia e a ripensare la relazione fra Stato integrale e rapporti di produzione.

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