Abstract
Il concetto gramsciano di “gruppi sociali subalterni” è uno dei più importanti. Esso ha ricevuto una funzione importante nella terminologia storica e politica globale, anche in modo più superficiale che supponendo una reale comprensione teorica. In riferimento alla graduale sostituzione delle “classi sociali” con i “gruppi sociali”, operata da Gramsci nei Quaderni del carcere, sono emerse alcune interpretazioni che arrivano a ipotizzare un abbandono del marxismo da parte di Gramsci. Questo articolo sostiene il contrario, cioè che l’uso dei “gruppi” è dovuto a una crescente necessità di stratificare l’analisi della subalternità. Nei Quaderni del carcere, infatti, il significato di subalternità va ben oltre la dimensione storico-sociologica, intersecandosi con la politica, il tempo e lo spazio della formazione dello Stato. Reinterpretando la subalternità all’interno della filosofia della prassi, sarà quindi possibile evidenziarne il progressivo sviluppo teorico e riposizionare coerentemente questo concetto all’interno del corpus del pensiero gramsciano.
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