Abstract
In questo articolo si propone un’analisi della relazione tra l’oggettività, la scienza e la pratica politica sulla base di una rilettura dei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, incentrata in particolare nel Quaderno 11. Pertanto, si propone anzitutto una ricostruzione della critica gramsciana del feticismo della scienza, dell’oggettivismo e del materialismo volgare. In secondo luogo, si esamina la sua proposta di una nuova sintesi (poggiante sul lavoro sul senso comune) e il tipo di intellettuali organici indispensabili allo sviluppo di questo lavoro ideologico. In terzo luogo, si studia l’articolazione che Gramsci istituisce tra il determinismo e la passività dei subalterni. Infine, si prende in considerazione il modo in cui Gramsci riconosce l’esistenza di una tensione tra ideologia e scienza, tra oggettività e soggettività, e come, secondo lui, questa stessa tensione si ripercuota sulla pratica della lotta ideologica.

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