Abstract
Dopo circa un quarto di secolo di successo, iniziato negli anni 80, l’espressione “dialogo interreligioso” ha avuto una evidente battuta d’arresto, che induce a interrogarsi se quanto è avvenuto fosse realmente condotto al livello delle rispettive fedi religiose. In realtà questo fenomeno sembra essersi sviluppato soprattutto nel cristianesimo, e soprattutto in riferimento con l’ebraismo, con il quale esso intrattiene un rapporto peculiare. La tesi di Rémi Brague, secondo cui parlare genericamente di monoteismo ostacola più che favorire la comprensione reciproca, induce a riesaminare da un punto di vista filosofico-religioso questa nozione: da una parte esiste nelle religioni una fortissima tendenza ad identificare il proprio Dio unico con quello di qualsiasi altra religione; dall’altra questa nozione si mostra non tanto un comun denominatore, quanto un’idea problematica, collocata a livello della coscienza, a volte come esito di un processo riflessivo, a volte come suo punto di partenza: in entrambi i casi, però, ricco di significato umano. Anche se in gran parte sporgente rispetto all’esperienza religiosa, il monoteismo è così lo spazio di possibilità di un senso diverso e più umile di dialogo interreligioso.
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