Significato metafisico-religioso delle analisi sull’infanzia in Edith Stein e Gerda Walther

Abstract

Edith Stein e Gerda Walther sono state discepole di Edmund Husserl. Attraverso l’ indagine sugli Erlebnisse, che esse hanno accolto dal loro “maestro”, nelle loro opere si delinea un’antropologia che ben si può definire “fenomenologica”. L’essere umano viene osservato e descritto nel complesso intreccio dei suoi aspetti e delle sue relazioni. Entrambe le pensatrici si ricollegano al pensiero classico, in particolare al concetto di entelechia di Aristotele. La Stein rivisita anche il pensiero medioevale e si confronta con S.Tommaso, mentre la Walther si interessa, oltre che alla mistica cristiana, anche a quella di altre religioni.
Dalla loro antropologia fenomenologica emergono alcuni spunti, che sono qui presi in considerazione sotto il titolo di una “fenomenologia dell’infanzia”.
Mettere a fuoco l’essenza dei vissuti, seguendo la riduzione eidetica e quella trascendentale di Husserl permette di distinguere i differenti aspetti dell’essere umano: corpo- psiche-spirito, che nel vivere si presentano tutti insieme e possono essere riconosciuti nella loro specificità solo mediante la riflessione, e permette di cogliere un centro ultimo, Kern, nucleo inconfondibile della persona.
Nell’opera di Gerda Walther sulla mistica, si trova l’analisi dello stadio dell’infanzia, quando l’autrice si sofferma sull’aspetto della corporeità dell’ “essenza fondamentale umana”. Proprio in questo stadio, il lato psichico-spirituale si presenta come totalmente “incorporato”. Perciò la bellezza di un bambino è particolare: esprime armonia di corpo e anima ed è simile alla bellezza della natura. Anche nel vissuto mistico di tutte le religioni si ritrova un richiamo al modo d’essere nello stadio infantile: l’abbandono del proprio io in Dio è simile all’essere fuso nel noi, del bambino con i genitori.
Edith Stein, ripercorrendo la gerarchia di realtà presenti nella cosmologia aristotelico-tomista si ferma a descrivere le forme inferiori, per mostrare fenomenologicamente che cosa di esse è conservato nella forma superiore dell’anima umana. Per quanto riguarda il richiamo all’infanzia è possibile rinvenire una sorta di somiglianza con l’essere vegetale soprattutto nella posizione verticale, mancante nell’animale, e che, tanto nel volto umano come nella fioritura della pianta, manifesta uno slancio vitale verso la luce. Tuttavia la Stein precisa che nell’essere umano la posizione verticale è sia dal basso verso l’alto quanto dall’alto verso il basso, il che significa un cogliere sé dall’alto,. L’anima umana, a differenza dell’anima della pianta e di quella dell’animale, si qualifica per la presenza di un io consapevole e libero, che può attualizzare quel “talento” proprio, a lui affidato fin dalla nascita, radicato nel nucleo personale spirituale, Kern, che è entelechia .
E’ nello status termini che il Kern, mai completamente svelato e svelabile nella vita terrena, diventa attuale e trasparente. Appare manifesto ciò che era iscritto fin dall’origine nel nucleo e ciò che è divenuto, ciò che è stato sviluppato del senso originario e conservato, o ciò che manca ed è imputabile agli atti liberi della persona, infine addirittura una eventuale chiusura totale alla grazia. In queste analisi, metafisico-religiose e teologiche si inserisce in più punti il richiamo al testo evangelico ed in particolare alle parole di Gesù, quando afferma che soltanto a chi è come un bambino è possibile entrare nel regno dei cieli.

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