Abstract
Il dibattito intorno alla nozione di umiltà come virtù è quanto mai acceso. Questo articolo si propone di evidenziare i progressi della recente discussione filosofica sull’umiltà a partire dalle considerazioni offerte nei lavori sul tema di Mario Micheletti. In particolare, l’articolo discute due concezioni dell’umiltà come virtù: la concezione doxastica, che intende l’umiltà come sottostima dei propri meriti o come consapevolezza di sé e dei propri limiti, e la concezione non-doxastica, secondo cui l’umiltà è l’atteggiamento di noncuranza che il virtuoso ha nei confronti delle proprie qualità e dei propri successi. Dopo aver analizzato tre problemi a cui qualsiasi concezione dell’umiltà deve rispondere e aver discusso la tesi secondo cui la concezione non-doxastica, a differenza della visione rivale, sarebbe in grado di risolvere i problemi in questione, offro alcune ragioni per preferire un terzo approccio, che attinge da entrambe le concezioni i requisiti necessari per definire l’umiltà come virtù.
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